PRISON CHRONICLES / 2006 I N.0
IL FUMATORE (MONOLOGO)
Riccardo e Andrea
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E’ l’ultima, l’ultima, lo giuro! Questa volta ce la faccio. La mia carriera di fumatore impenitente è giunta al termine. Non posso continuare ad aggirarmi nel cimitero dei miei buoni propositi alla mia età. E infatti già mi sento meglio. Sono dieci minuti esatti che non fumo e mi sento bene. Mi sembra già che sia iniziata una nuova vita. Il passato di vizioso lo vedo già lontano alle mie spalle. E l’inizio? L’inizio quando è stato? Vediamo… Ah già! Alla sigaretta mi ci sono avvicinato a piccoli passi. Quando avevo sei anni già fumavo tutto quello che ci somigliava. Si partiva con dei legnetti cavi che raccoglievamo sui prati del Talvera, li chiamavamo “tronchetti”, per finire con le bustine di camomilla arrotolate. Di quelle piantine ne fumavamo talmente tante che probabilmente la specie si è estinta.
La prima vera sigaretta me la diede mia madre. Avevo tredici anni. Me lo ricordo bene. Mi disse: “Toh! Fuma pure. Piuttosto che te le vai a prendere in giro preferisco dartele io che almeno so cosa fumi”. Il bello è che lei non fumava nemmeno. E così sfilò una Marlboro dal pacchetto di mio padre e me la diede. Era proprio quello che facevo io di solito, ma di nascosto. Mio padre però se n’era accorto e aveva cominciato a contare le sigarette nel pacchetto. Proprio quel giorno entra in soggiorno e mi urla: “T’ho beccato, sai, che ti fumi le mie sigarette!”. “Me l’ha data la mamma” rispondo io. E mi becco un ceffone. Dire la verità non è sempre la soluzione migliore. L’ho imparato in fretta. A diciott’anni ero un fumatore accanito, talmente accanito che stavo già pensando di smettere. Ci provai un anno dopo. Era il giorno prima dell’esame di maturità. Sapete com’è… no? Pensavo che il sacrificio che mi ero imposto mi avrebbe portato bene. Fu una pessima idea. Quella mattina mi sveglio alle sei e ho già voglia di accendermi una cicca. Resisto. Arrivo davanti alla scuola e a un centinaio di metri vedo alzarsi una nuvoletta grigia. I miei compagni sono tutti lì davanti al cancello e fumano tutti. C’era gente… pure quelli con le facce da chierichetto che non avresti mai detto… fumavano pure quelli. E io ero lì dopo dieci anni di vizio al mio primo giorno senza sigarette. Un incubo. Entro nel corridoio a passi lenti, con calma, senza farsi prendere dal panico. Quando vedo il foglio protocollo sul banco, mi viene voglia di fumarmelo, d’incenerirlo con una boccata sola. Ma resisto. Resisto. Cominciano a dettare le tracce del tema. La prima è un brano della Coscienza di Zeno, dove il protagonista è un poveretto come me che sta tentando di smettere. Porca vacca, mi viene da piangere. A forza di sentir parlare di sigarette, mi monta su una voglia immane. Allora mi metto in bocca una penna e me la cuccio avidamente. Meglio che niente. Un’ora dopo ho la bocca occupata a succhiare tre penne diverse, tanto che sono riuscito ad aspirare fuori anche l’inchiostro. Alle undici, anche per evitare l’avvelenamento, cedo e mi fiondo in bagno. Aquell’ora è affollatissimo, pieno di gente che tira fuori biglietti da ogni posto: tasche, scarpe, mutande... In quel momento mi sarei fumato pure quelli. Ma per fortuna c’è uno che mi offre una sigaretta. L’accendo con le mani che tremano, ma non faccio in tempo a godermi la prima boccata che la porta si spalanca. E’ il presidente di commissione. Una pioggia di foglietti si riversa sul pavimento. A me non me ne frega niente. E mi finisco la mia sigaretta. Ci bocciarono tutti, me compreso. Allora capii che per smettere di fumare ci vuole strategia, bisogna scegliere il momento giusto. Allora cominciai a fare delle crocette sul calendario, magari ai primi del mese. Ma non bastava. Allora iniziai a cercare le date più significative. Eravamo nell’agosto del 1999. Il nove di settembre sarebbe stato il 9 del 9 del 1999. Cazzo, cinque nove di fila, niente male! E così quel giorno non fumai. Ma la mattina dopo mi alzai e mi resi conto che i 9 erano diventati quattro e l’entusiasmo venne meno. Ripresi in mano il pacchetto. Alla fine decisi che per abbandonare questo maledetto vizio ci voleva un avvenimento importante, che doveva essere celebrato dall’addio alle sigarette. Dapprima puntai agli esami, ma non funzionava. Se li passavo, non potevo rinunciare ad uscire dall’aula per accendermi la sigaretta della gloria. Se andava male, era peggio ancora. Meditando sul fallimento riuscivo sempre a finire il pacchetto. Alla fine ho pensato alla laurea. Per Dio! Quello sì che è il momento giusto. Un capitolo chiuso alle spalle e uno tutto da scrivere davanti a me... Solo che dopo otto anni ancora non mi sono laureato. In quei dieci anni ogni volta che mi sono acceso una sigaretta mi consolavo pensando che il mio vizio aveva i giorni contati. Nel frattempo ho tentato anche altri espedienti. Un amico mi ha consigliato che per smettere con le sigarette può essere utile cambiare genere. Così sono passato al sigaro, ma non bastava. Allora ho deciso di provare con la pipa, con il suo fumare calmo, riflessivo, quasi saggio. Adesso, oltre a fumare sigarette, c’ho pure il vizio dei sigari e della pipa. Con l’ultima sigaretta è meglio che lascio perdere. Ormai ho capito: per quelli come me smettere di fumare è più dannoso che continuare a farlo.
2006 Bolzano
RORHOF