ISTITUTI ITALIANI E ISTITUTI STRANIERI
PRISON CHRONICLES / 2013 N.10
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Sono detenuto nel carcere di Bolzano, ho 53 anni e una pena di sette anni di cui 4 già espiati. Il mio reato è stato commesso in Austria. Dopo il mio arresto avvenuto a l’Aquila e trascorsi circa due mesi nel carcere di quella città, sono stato estrada- to a Innsbruck. Da quello che si sente delle carceri italiane, credevo che all’estero la pena detentiva fosse più vivibile. Purtroppo mi sono dovuto ri- credere, forse perché nella no- stra amata terra siamo abituati a far sapere tutto... e questo è un bene. Ora cerco di raccon- tarvi come si vive in queste carceri. All’arrivo al carcere di Innsbruck sono stato messo in una cella larga 1,80x4,30 dove stavo per 23 ore chiuso. Pote- vo andare al passeggio dalle sette del mattino fino alle otto, cioè un’ora. Doccia due volte la settimana. Non c’era possi- bilità di poter cucinare in cella per tutti i “giudicabili”. Que- sto regime è durato 13 mesi. All’arrivo del definitivo sono stato trasferito in Ja Stain Donau, il carcere più grosso dell’Austria. Mi sono detto: “qui forse sarà meglio”.
Sono bastati pochi giorni per capire: corruzione ai massimi livelli, telefoni, droga come fuori, omicidi, suicidi tutti i giorni... e all’esterno notizie zero. Solo nel mese di agosto 2013 è uscito un articolo che parlava della corruzione di Stain... e perché? Si è suicida- ta una guardia, una ragazza di 30 anni coinvolta nello spaccio interno. Ma nulla è cambiato e con i soldi si può ottenere tut- to. Dopo un anno e tre mesi mi è arrivata l’estradizione e così sono stato assegnato a Bolza- no. Sono arrivato verso le ore 17 del 21 maggio 2014 e non ricordavo come si stava in Ita- lia. Certo non in tutte le carce- ri si sta nello stesso modo e ce ne sono di affollati, ma tutto o quasi funziona. Qui a Bolzano c’è poco da lamentarsi; siamo in pochi in questo periodo, circa 80, il vitto è buono, sia- mo aperti dalla 8.30 alle 11.30, dalle 12.30 alle 17.00 e dalle 19.00 alle 21.00. Il nostro diret- tore, che ringrazio, è sempre disponibile, i nostri educatori si occupano di noi, il nostro garante, che ringrazio, è pre- sente. Qui cercano di fare di tutto per darci la possibilità di un futuro reinserimento e no- nostante la struttura sia vec- chia, ci sono corsi di scuola, di lingua, di disegno e fotografia, di cucina, di computer, di ar- tigianato... Io lavoro per l’as- sociazione “Libera” insieme a Marco. Il nostro lavoro ci è stato assegnato dal direttore che ha avuto fiducia in “Libe- ra”, che gestisce la mensa del personale dove io e Marco ci occupiamo della cucina. Pen- so che in tutte le carceri do- vrebbero intraprendere que- sta iniziativa. Io credo che non tornerò più in questi luoghi tant’è che con Marco si pensa di aprire un ristorante.
RORHOF