PRISON CHRONICLES / 2006 I N.0
NON SI CHIAMAVA GINO
Sergio C
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Ricordo la prima volta, si andava a giocare in Via Vintola, campionato a sette, avevo 11 anni. Quelli di Cristo Re, dove si andava a giocare di solito, ci avevano dato le maglie verdi e nere, a me solo nera perché stavo in porta, eravamo una squadra. In via Vintola ci arrivai in bici dopo aver chiesto la strada a tre persone ma arrivai comunque con quasi un’ora di anticipo. Stavano giocando altre due squadre e di Gino mi accorsi subito. Giocava in porta con quelli con le maglie azzurre e bianche, biondo con la maglia nera e guanti, che sembravano come i miei, era più alto degli altri e era bravissimo. In pochi minuti gli vidi fare tutto quello che io sognavo di fare, uscite sicure con il pallone, che sembrava gli si incollasse alle mani mentre già diceva ai compagni, che cosa fare. Un tuffo sulla destra, la respinta per poi rialzarsi di scatto e bloccare la palla a terra a sinistra e poi quel rigore parato, che non era un tiro difficile ma era stato come se avesse ipnotizzato l’avversario. Che si chiamasse Gino, che poi non si chiamava davvero così ma qui faremo finta, lo scoprii due anni dopo, quando, assieme a due miei amici, venni preso a giocare con quelli con le maglie azzurre e bianche. Aveva due anni più di me e non giocava più a sette ma a undici ed io ero andato a giocare al suo posto nella squadra di quelli più piccoli. Durante l’inverno il campionato faceva una pausa e allora si facevano due allenamenti a settimana nella palestra della scuola in via Dalmazia, grandi e piccoli tutti insieme. I portieri si allenavano a parte per più di un’ora. Durante quell’inverno io e Gino diventammo amici. Faceva le ITI, che erano l’Istituto Tecnico Industriale ma a Bolzano tutti le chiamavano le ITI e viveva alle semi rurali, che ho imparato solo anni dopo, che cosa fossero. Imparai più cose vedendolo allenarsi, che da quello che mi diceva il nostro allenatore. Non è che parlassimo di molte cose, si parlava solo di calcio ma di che cosa altro avrei mai dovuto parlare con un portiere così? Sorrideva sempre anche quando provava a spiegarmi le cose e io non riuscivo a farle. Quell’anno era stato espulso una volta ma solo perché era intervenuto a difendere un suo amico e quindi era anche buono, che era una cosa non richiesta ad uno che sapeva giocare in quel modo. I campionati ripresero a marzo. Noi dovevamo giocare a Don Bosco ma io quel primo sabato di campionato non giocai con i miei compagni. Poco prima della partita venne l’allenatore e mi disse, che avrei giocato la mattina dopo con quelli che giocavano a 11, perché Gino non ci sarebbe stato. Quella notte la passai malissimo, a undici voleva dire anche le porte grandi e anche che tutti gli altri erano grandi, sicuramente più grandi di me. Non pensai a Gino, sicuramente aveva quell’influenza, che c’era in giro. Andammo a giocare ai campi Lancia e visto da dentro il campo mi sembrò immenso, vincemmo 4 a 3, perché i miei nuovi compagni erano davvero bravissimi anche se oltre a Gino mancava Carlo, che era quello che segnava più di tutti. Gino e Carlo erano stati arrestati la notte di venerdì insieme ad altri più grandi, una banda che rubava motorini. Quell’anno Gino tornò a giocare ma non sempre e io giocavo a volte il sabato e a volte la domenica. Non era mica in prigione ma l’allenatore mi disse, che non era più lui. Continuammo a vederci e a parlare solo di calcio durante gli allenamenti ed in palestra negli inverni. Tre anni più tardi, mi dissero, che era stato condannato a quattro anni di carcere per altri reati. Era il primo che conoscevo a finire in carcere e la parola condanna mi fece vivere le stesse tremende sensazioni di quando, pochi mesi prima, era morta mia nonna, la prima persona cara a lasciarmi. Una sensazione di mutilazione, di privazione e non soffrivo per Gino ma per me, che non potevo neppure più sperare di ritrovarmelo in palestra a giocare, il gioco era finito. Con Gino ero solo incazzato. Era il 1966 e avevo 16 anni. Adesso ho 57 anni, non so che fine abbia fatto Gino, con lui l’incazzatura mi è rimasta ma ogni volta che vedo un portiere, mi chiedo cosa avrei potuto fare allora per quello, che era il migliore di tutti.
RORHOF